Djibril Diop Mambéty: il Godard africano
Raffinato, visionario, innovatore, il senegalese Djibril Diop Mambéty (1945-1998), nella sua folgorante ma breve carriera, ha rivoluzionato la storia del cinema africano e non solo, inventando nuovi modelli narrativi. Con la sua continua sperimentazione di stili, ha scardinato la dialettica tradizione vs. modernità e cultura africana vs. cultura occidentale.
I suoi film più celebri Touki Bouki e Hyènes, sono veri e propri manifesti cinematografici e politici e hanno ispirato molti registi internazionali. Martin Scorsese ad esempio ha sostenuto personalmente con la sua fondazione The Film Foundation – World Cinema Project il restauro di Touki Bouki, in collaborazione con la Cineteca di Bologna.
Vissuto tra Dakar, Parigi e la Svizzera, Mambéty aveva forte un legame con l’Italia e ha partecipato varie volte al Festival del Cinema Africano di Milano.Giovane attore nei film di Piero Vivarelli, incontrò a Roma nel 1972 Pier Paolo Pasolini, uno dei suoi maestri ispiratori.
Durante il montaggio di Touki Bouki negli studi romani, Mambéty venne arrestato per aver partecipato a una manifestazione antirazzista, e fu in seguito liberato grazie all’intervento di intellettuali, registi e attori, tra i quali spiccano Bernardo Bertolucci e Sophia Loren
Venerdì 4 ottobre 21.30
Simona Cella e Cinzia Quadrati del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina presentano il libro
‘MAMBÉTY, O IL VIAGGIO DELLA IENA‘ sul regista Djibril Diop Mambéty
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A seguire Proiezione di:
Le Franc
Un film di Djibril Diop Mambéty. Con Dieye Ma, Aminata Fall, Demba Bâ Drammatico, durata 45 min. – Senegal, Svizzera, Francia 1994.
In “un’epoca di incertezze”, come annuncia la radio nel film, che invita la popolazione, impoverita dalla svalutazione del franco CFA, a tentare la sorte con la lotteria, Mambéty viaggia al di là della semplice constatazione e sublima il suo desiderio anarchico e ribelle, creando il personaggio antisociale di Marigo. L’andatura scanzonata, l’abbigliamento chapliniano, già dalle prime immagini Marigo esprime il suo carattere irriverente: sputa sul pavimento della capanna e si soffia il naso nell’asciugamano come un adolescente riottoso. La sua comicità si fa arte come nel cinema muto di Chaplin, quasi senza parole. Marigo comunica con l’espressione del volto e non soccombe alla malasorte che sembra perseguitarlo. Come Chaplin lascia sempre uno spiraglio all’ottimismo: la forza dei personaggi di Mambéty sta nella dignità, nel coraggio e nel rifiuto del fatalismo e della rassegnazione. Sono lezioni di speranza in controtendenza rispetto all’afro-pessimismo, a quella mancanza di fiducia nelle capacità di sviluppo del continente, che stava nascendo in quegli anni.
Alessandra Speciale, Djibril Diop Mambéty o Il viaggio della Iena,
Venerdì 11 ottobre 21.30
La Petite vendeuse du Soleil
Un film di Djibril Diop Mambéty. Con Lissa Baléra (Sili Laam), Moussa Baldé (il bambino in sedia a rotelle), Dieynaba Laam (la nonna), Tairou M’Baye (Babou Seck), Oumou Samb (la donna pazza). Durata: 45 min. – Senegal 1999
La Petite vendeuse de soleil è la seconda parte di una trilogia pensata da Djibril Diop Mambéty come una celebrazione della “piccola gente” presa nella morsa di un’economia globale che, per dirla con le sue parole, è “impazzita”. Il film fu girato nell’ultimo anno di una lunga e debilitante malattia, con finanziamenti scarsi o nulli, e alla morte del regista, il 23 luglio 1998, si trovava ancora in sala di montaggio. Fu completato e inserito nel circuito distributivo dei film africani da un gruppo di fedeli collaboratori che comprendeva anche il fratello musicista, Wasis Diop [e la produttrice Silvia Voser]. Eppure La Petite vendeuse è un film pieno di vita che riversa sugli spettatori tutto il suo amore, riservando ai cechi, ai paraplegici e ai disabili uno sguardo di rispettoso affetto. Vi prendono parte attori devastati dall’alcolismo e perfino poliziotti corrotti dipinti sotto una luce benevola. Nel suo ultimo gesto creativo Djibril Diop Mambéty riafferma i tratti dominanti del cinema senegalese degli anni Novanta e orchestra due delle tematiche più pervasive della sua opera: il destino dei bambini di strada e il valore dell’esperienza musicale in tutte le sue declinazioni.
Sada Niang, Histoires de petites gens: La petite vendeuse de soleil, “African Studies Review”, n. 1, aprile 2001
Venerdì 18 ottobre 21.30
Hyènes
Un film di Djibril Diop Mambéty. Con Ami Diakhate, Djibril Diop Mambéty, Mansour Diouf, Calgou Fall, Faly Gueye. Mamadou Mahourédia Gueye, Issa Ramagelissa Samb Drammatico, durata 110 min. – Senegal 1992.
Mi interessano gli emarginati perché sono convinto che essi siano più importanti per l’evoluzione di una comunità rispetto ai conformisti. Gli emarginati mettono la comunità in contatto con un mondo più ampio. […] Il film illustra un dramma umano. Il mio compito è identificare il nemico dell’umanità: il denaro, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale. Penso che il mio scopo sia chiaro. Hyènes racconta al mondo una storia umana, ma con questo film volevo anche rendere omaggio alla bellezza dell’Africa. Per me fa parte di quella bellezza anche il fatto che in Africa non è molto difficile fare un film. I sacchi di riso abbandonati che la gente di Colobane indossa alla fine del film non costarono molto. Erano solo le attrezzature per la produzione a essere un po’ costose. Ho un grande desiderio di demistificare il cinema, soprattutto il suo lato finanziario. L’Africa è piena di cinema, di immagini. Hollywood non avrebbe potuto fare questo film, a prescindere dai soldi investiti. Il futuro appartiene alle immagini. […] L’esistenza dell’Africa è un bene per il futuro del cinema, perché è l’immagine stessa a essere nata in Africa. Gli strumenti, sì, sono europei, ma la necessità e la logica creativa risiedono nella nostra tradizione orale. Come dico ai bambini, per fare un film basta chiudere gli occhi e vedere le immagini. Aprite gli occhi, ed ecco il film. La tradizione orale è fatta di immagini. La fantasia crea le immagini e le immagini creano il cinema, dunque noi siamo gli eredi diretti dei padri del cinema.
- Frank Ukadike, The Hyena’s Last Laugh: A Conversation with Djibril Diop Mambety, “Transition 78”, n. 2, W.E.B. Dubois Institute and Indiana University Press, 1999
Venerdì 25 ottobre 21.30
Touki Bouki
Un film di Djibril Diop Mambéty. Con Magaye Niang, Mareme Niang, Aminata Fall, Ousseynou Diop. – Drammatico, durata 88 min. – Senegal 1973.
La storia di Touki Bouki risale a secoli fa: da sempre gli uomini sono partiti alla ricerca di nuove terre in cui credevano che il tempo non finisse mai… Soltanto pochi avventurieri ce l’hanno fatta, ma questo non ha mai fermato nessuno…
Djibril ha lasciato il proprio Paese sognando di trovare il successo e una vita migliore in Europa. Ben presto ha però scoperto la crudeltà della vita. Mentre i suoi sogni scomparivano a poco a poco, Djibril ha scoperto anche di non poter lasciare l’“Europa”, il Paese che lo ospitava. A quel punto il ritorno in Africa è diventato il suo vero sogno. Finire i suoi giorni in Africa era un sogno che non avrebbe mai realizzato.
Touki Bouki è un film profetico. Il suo ritratto della società senegalese del 1973 non è troppo diverso dalla realtà attuale. Centinaia di giovani africani muoiono ogni giorno nello Stretto di Gibilterra cercando di raggiungere l’Europa (Melilla e Ceuta). Chi non ne ha mai sentito parlare?
Tutte le loro difficoltà trovano espressione nel film di Djibril. I giovani nomadi pensano di poter attraversare l’oceano deserto per trovare la fortuna e la felicità, ma rimangono delusi dalla crudeltà umana che incontrano. Touki Bouki è un film bellissimo, sconvolgente e inatteso che ci fa dubitare di noi stessi.
Souleymane Cissé