Pensiamo che stiamo vivendo un brutto momento storico. Populismi, razzismi, xenofobia, guerre (tra potenti, ma anche “tra poveri” che troppo spesso vengono messi l’uno contro l’altro). Pensiamo che sia un momento pericoloso ma che la maggior parte delle persone non se ne stia accorgendo. C’è chi va dietro alle propagande dei populisti e chi non le condivide ma non le prende troppo sul serio.
In passato questo atteggiamento ha portato a una catastrofe. La guerra e lo sterminio anche in questa nostra “civile” Europa.
Quindi per questo ciclo del Mese delle memorie abbiamo deciso di parlare dell’indifferenza. Perché pensiamo che sia all’origine dei mali dell’umanità e che sia importante soffermarcisi a riflettere.
Con questi film faremo un salto nella prima metà del secolo scorso. Subito prima e subito dopo la seconda guerra mondiale. Ma ci affacceremo anche sul presente, per rammentare la guerra in Siria e le sue conseguenze sulla popolazione, una per tutte, a simbolo dei tanti conflitti in corso.
Venerdì 4 gennaio 21.30
1945
Regia di Ferenc Török. con Péter Rudolf, Eszter Nagy-Kalozy, Bence Tasnádi, Tamás Szabó Kimmel, Dóra Sztarenki. Ungheria, 2017, durata 91 minuti.
Sottotitolato in italiano
In un afoso giorno di agosto del 1945, mentre gli abitanti di un villaggio ungherese si preparano per il matrimonio del figlio del vicario, un treno lascia alla stazione due ebrei ortodossi, uno giovane e l’altro più anziano. Sotto lo sguardo vigile delle truppe di occupazione sovietiche i due scaricano dal convoglio due casse misteriose e si avviano lentamente verso il paese. Il precario equilibrio che la guerra appena terminata ha lasciato sembra ora minacciato dall’arrivo dei due ebrei.
1945 è tratto da un racconto (“Homecoming”) dello scrittore ungherese Gábor T.Szántó, i cui saggi e racconti brevi sono stati tradotti in diverse lingue e inseriti nell’antologia americana Contemporary Jewish Writing in Hungary (Paperback, 2003) ma il film non ha nulla di ‘letterario’.
In un’Ungheria che vede il premier Orban stravincere le elezioni non dev’essere stato facile per Ferenc Töröc tornare ad occuparsi di un periodo storico e di azioni miserabili che si preferirebbe seppellire nell’oblio. Perché è vero che l’avversione nei confronti dei russi è palpabile ma è anche altrettanto vero che chi li detesta non ha la coscienza a posto e questo stato non risparmia né uomini né donne e neppure chi rappresenta la Chiesa.
Venerdì 11 gennaio 21.30
THE GOOD POSTMAN
Regia di Tonislav Hristov. Genere Documentario – Con Ivan Fransuzov, Angela Jekova, Vangel Jekov, Ivan Halahcev, Vaselina Dimova. Finlandia, Bulgaria, 2016, durata 82 minuti.
Sottotitolato in italiano
UN PICCOLO PAESE CONTROTENDENZA.
Un piccolo e testardo villaggio bulgaro, difronte al confine con la Turchia, è riuscito a resistere alle invasioni straniere fin dai tempi dell’Impero romano. Ora il suo elettorato – 38 anziani – sta decidendo sul futuro dell’Europa. La Porta Grande, come il villaggio è stato chiamato per secoli a causa della sua posizione sulla soglia dell’ex impero ottomano, si è trovata nel bel mezzo della crisi europea: richiedenti asilo provenienti da tutto il mondo attraversano continuamente il confine provocando paura e inquietudine. Ancora una volta, un villaggio sonnolento e dimenticato, è diventato la più importante scappatoia segreta d’Europa. Postman Ivan, in mezzo al subbuglio, decide di candidarsi a sindaco per portare il paese a nuova vita, per prima cosa accogliendo i rifugiati…
Venerdì 18 gennaio 21.30
THE INTERROGATION
Un film di Erez Pery
Writers: Erez Pery, Sari Turgeman
Stars: Joan Blackham, Romanus Fuhrmann, Maciej Marczewski. Israele 2016, durata 83 minuti.
Sottotitolato in italiano
Rudolf Hoss, ufficiale delle SS, fu per due anni il comandante del più grande campo di sterminio nazista, quello di Auschwitz, in cui vennero uccisi più di due milioni di ebrei. Processato da un tribunale polacco alla fine della guerra, venne condannato a morte. In carcere, in attesa dell’esecuzione, scrisse questa autobiografia. Si tratta di un documento impressionante che ci consente di cogliere dal vivo l’insanabile contraddizione tra l’enormità dei delitti e le giustificazioni addotte.
Note
Basato sulle memorie di Rudolf Höss.
Un film di Juraj Herz. Con Rudolf Hrusínský, Vlasta Chramostová, Jana Stehnová, Milos Vognic. Cecoslovacchia 1968, durata 102 minuti.
Sottotitolato in italiano
Grigio e mellifluo addetto alla cremazione dei cadaveri presso una sala mortuaria di Praga e amorevole padre di famiglia, nasconde insospettabili pulsioni ed una smodata ambizione economica e professionale. Quando l’occupazione tedesca e l’insinuante ideologia razzista del Terzo Reich iniziano a ramificare il loro perverso sistema di potere nel paese, egli ne viene irrimediabilmente irretito con conseguenze tragiche per colleghi, conoscenti e per i componenti della sua stessa famiglia ritenuti di razza impura.
Come l’incessante e ossessivo monologo di un implacabile burocrate del Male la voce del protagonista accompagna dall’inizio alla fine questa tetra commedia degli orrori, dove tra le pieghe di una personalità priva di qualunque senso morale (vagheggia di una astrusa disciplina animista letta tra le pagine di un atlante buddista) ed il vuoto pneumatico di una reale coscienza critica (si limita a replicare con acritica emulazione le idee politiche dei suoi colti o interessati interlocutori) alligna il germe perverso di una disciplina ferale, il definitivo tramonto della civiltà e del progresso, il programmatico sterminio della razza umana. Tarato su un registro di grottesca teatralità il film di Herz è un crudele apologo sul ‘sonno della ragione’, dove l’istinto ferino e primordiale (il film inizia con la sagoma di un felino maculato che si agita nervosamente nella sua gabbia) come le irrepresse e morbose pulsioni sessuali del protagonista, prevale sulle razionalità e sul giudizio di una mente annebbiata dalle suadenti sirene di venere e dal facile traguardo di un oscuro disegno di morte. I presagi figurativi di questa degenerazione etica sono resi espliciti dal ricorso ad una fotografia di cupa freddezza e dalla ributtante teoria dei primi piani quasi a sottolineare lo squallore di fisionomie che mostrano i segni allarmanti di una sconcertante affezione, il morbo epidermico di una laida promiscuità (sovente il film cede al linguaggio provocatorio di una irridente pornografia come nell’orgia nazista a base di biondine e bollicine). Decisamente sorvegliato a livello simbolico (la già citata scena iniziale dello zoo, le demenziali comparsate di una coppia di coniugi litigiosi e la misteriosa presenza di una pallida e cadaverica dama ‘in nero’) il film si regge sul piano di un delirante espressionismo contando sugli slanci onirici e spiazzanti di un montaggio originale (del bravo Jaromír Janáček) e sui virtuosi movimenti di macchina (dell’apprezzato Stanislav Milota). Perfetto nella sua caratterizzazione di un viscido cerimoniere della ‘normalizzazione’ il pingue beccamorto interpretato da Rudolf Hrušínský che vagheggia nella scena finale di un metodico e scientifico progetto di purificazione su scala globale contro lo sfondo inquietante dell’Inferno di Bosh, dopo aver (quasi) portato a termine il suo freddo progetto di sterminio su scala locale. Piccolo delirio di un olocausto familiare.
di gianleo67