Venerdì 3 FEBBRAIO 21.30
Biblioteque Pascal
Un film di Szabolcs Hajdu, con Orsolya Török-Illyés, Andi Vasluianu, Gheorghe Dinica, Oana Pellea.
Drammatico, durata 105 min. – Hungary, 2010
(Romanian, English, Hungarian, Spanish, German, sottotitolato in italiano)
Dove c’è il fumo, c’è anche il fuoco. Tutte le storie, per quanto bizzarre possano essere, hanno un fondamento reale. È questa la premessa dell’impressionante quarto film dell’ungherese Szabolcs Hajdu, Bibliothèque Pascal, che racconta, sotto forma di favola crudele, la spaventosa storia di una donna finita in un giro di prostituzione.
In una delle scene chiave di Bibliotheque Pascal, la protagonista Mona (interpretata da Orsolya Török-Illyés, moglie del regista), metà romena e metà ungherese, partecipa a una festa di un non meglio specificato paese dell’Europa dell’est e racconta una storia fantastica, piena di angeli e meraviglie, che cattura il pubblico. Mona è chiaramente una narratrice nata. Come un gioco di specchi, alla fine del film vediamo la zia di Mona, Radica (impersonata dalla veterana attrice romena Oana Pellea), che vende i biglietti per assistere a una performance narrativa favolosa (in tutti i sensi) ad opera della figlioletta di Mona, Viorica (Lujza Hajdu): un numero incredibile di cui pochi sarebbero capaci, ma di cui si è già avuto un assaggio con il padre della piccola, un fuggiasco bello quanto rozzo e omofobo (Andi Vasluianu).
(di Adriano di Pietro- www://cineuropa.org)
Venerdì 10 FEBBRAIO 21.30
Cavalo Dinheiro
Un film di Pedro Costa, con Tito Furtado, Antonio Santos, Vitalina Varela, Ventura
Drammatico, durata 104 min. – Portogallo 2014
(Portoghese, sottotitolato in italiano)
Horse Money (Cavalo Dinheiro) l’ultimo film di Pedro Costa, si apre con gli unici brandelli concreti di una storia che in realtà non esiste più se non nel cuore di coloro che l’hanno vissuta. Le fotografie in bianco e nero che scorrono davanti ai nostri occhi all’inizio del film ci mostrano dei volti sconosciuti, segnati dalla fatica, volti che vorrebbero finalmente trovare la luce dopo aver vissuto per troppo tempo nell’ombra. Questa sequenza iniziale rappresenta l’unica realtà concreta, documentaristica, di Horse Money, che scivola subito dopo nel mondo dei fantasmi, dei ricordi narrati da Ventura, emigrato da Capo Verde a Lisbona nella speranza di trovare una vita migliore. Quello che in realtà lo attende è un buco nero immenso che ben presto lo risucchia, lo annienta, allontanandolo dalle sue radici e allo stesso tempo impedendogli l’accesso ad un mondo che lo rigetta. Ventura vive in un limbo, si trasforma piano piano in fantasma, si ritrova sprovvisto sia di passato che di futuro, usato e rigettato in vita e dimenticato una volta morto dalle cronache ufficiali. Proprio come il suo cavallo Dinheiro, Ventura è divorato dagli avvoltoi che lo hanno sfruttato fino a fargli perdere qualsiasi dignità, fino a frantumare tutti i suoi sogni. Il quartiere di Fontainhas che ha visto sfilare tanti senza nome come Ventura non c’è più. Proprio come le speranze delle persone che l’hanno abitato, il quartiere si è sgretolato, è finito nell’oblio.
Horse Money è un condensato di momenti tanto forti da sfiorare la dimensione epica. Un progetto estremamente ambizioso e forte che necessita tempo per essere elaborato. Pedro Costa dà ancora una volta luce alle ombre che abitano la sua città, scrive la storia di un popolo che non è mai esistito. Il risultato è un ritratto quasi cavalleresco, sublime, fatto di sussurri, lacrime che scorrono silenziose ed emozioni finalmente espresse anche se a fatica. Un film che va visto e rivisto.
(di Giorgia Del Don – www.cineuropa.org)
Venerdì 17 FEBBRAIO 21.30
A Girl Walks Home Alone At Night
Un film di Ana Lily Amirpour. Con Sheila Vand, Arash Marandi, Marshall Manesh, Mozhan Marnò, Dominic Rains. Horror, durata 101 min. – USA 2014.
(Farsi, sottotitolato in italiano)
Girato in un bianco e nero anamorfico come se fosse una graphic novel, A Girl Walks Home Alone At Night è una sorta di Sin City iraniano, molto meno pop e più neorealista, con una città fantasma, chiamata non a caso Bad City, desolato rifugio per prostitute, tossici, spacciatori, magnaccia, barboni e delinquenti. Un luogo deserto e polveroso, tenuto in vita dai pozzi petroliferi e con i cadaveri dei morti ammazzati ammassati ai bordi delle strade. Al calar della sera, infatti, una taciturna ragazza dal lungo velo color pece, dalle labbra rosso fuoco e dalla maglietta a righe cammina da sola, ammaliando vittime e innocenti prima di succhiar loro il sangue. Fino a quando non incrocia la propria strada con quella di un ragazzo mascherato da Dracula…
Una storia d’amore decisamente inusuale, un frullato di generi, archetipi e iconografie che prendono subito forza sul grande schermo grazie alla coraggiosa impronta registica della Amirpour, che tra silenzi, techno, rock iraniano (Federale, Radio Tehran, Bei Ru, Farah, White Lies, Kiosk, Free Electric Band, Dariush) e tracce che rimandano al Morricone western di leoniana memoria ha dato vita ad uno dei titoli vampireschi più originali degli ultimi anni. Un incontro/scontro tra anime sole e perdute costrette ad abitare in un non-luogo in cui non esistono leggi. Se non quella del più forte. Tratto da un suo stesso corto, il film della regista iraniana paga a prima vista la limitatezza dei dialoghi e dei fatti narrati all’interno dello scrit per poi travolgerti grazie alla forza delle immagini, che trasudano paura, solitudine, angoscia, sopravvivenza, colpevolezza, mistero, romanticismo.
Con il lungo velo nero che sembra avvolgere tutto e tutti al suo minaccioso incedere, la bella e inquietante Sheila Vand, vista in Argo di Ben Affleck e più recentemente in Whiskey Tango Foxtrot di Glenn Ficarra e John Requa, divora uomini, grazia le donne e istruisce bambini incutendo loro paura, concedendo poco o niente di se’ tanto a noi spettatori quanto ai co-protagonisti della pellicola. Teso e surreale, lento nel suo sviluppo ma ipnotico dal punto di vista visivo, A Girl Walks Home Alone At Night prende a piene mani dagli spaghetti western, dai fumetti, dal cinema horror e dalla nouvelle vague, rielaborando il tutto attraverso l’occhio ‘pulp’ di una 36enne che ha saputo trarne una conturbante storia d’amore tra figure colpevoli e dal cuore nero, grondante sangue e sensi di colpa. Interessata a scoprire il passato della sua spaventosa protagonista, la Amirpour ha poi dato vita ad una graphic novel intitolata ‘Death is the Answer’, che prima o poi potrebbe persino diventare prequel cinematografico visto e considerato che della vampira Vand non sappiamo nemmeno il nome. Ma è di fatto impossibile non rimanerne comunque affascinati, sin dal momento in cui la vediamo ballare da sola nella propria cameretta prima di truccarsi, infilarsi il velo e andare a caccia. Di notte. (Di Federico Boni- http://www.cineblog.it)
Venerdì 24 FEBBRAIO 21.30
Cosmos
Un film di Andrzej Zulawski, con Sabine Azéma, Jean Francois Balmer, Jonathan Genet, Victória Guerra, Ricardo Pereira, Johan Libéreau, Andy Gillet.
Drammatico, durata 103 min. – Francia, Portogallo, 2015 (Francese, sottotitolato in italiano)
Fedele a se stesso Andrzej Żuławski, regista polacco, francese d’adozione, decide ancora una volta, a quindici anni di distanza dal suo ultimo La fidelité, di remare contro corrente, costi quel che costi. La storia narrata nel suo personalissimo Cosmos gira intorno alla figura di Witold, giovane efebo dalle sembianze pasoliniane (Teorema è apertamente citato nel film), scrittore appassionato indirizzato verso una carriera d’avvocato che lo lascia indifferente. Questo, accompagnato da Fuchs, sorta di Sancho Panza omosessuale licenziatosi da una casa di moda parigina, decide di andare a trascorrere qualche giorno in campagna, in una pensione familiare. Lì i due incontrano una gruppetto di personaggi assolutamente fuori dagli schemi che fluttuano allegramente fra realtà e finzione. Notevole e piena di brio l’interpretazione di Sabine Azéma, la proprietaria della pensione.Una serie di presagi inquietanti: a partire dal passerotto impiccato che incontrano al loro arrivo, passando per un pezzo di legno finito nello stesso modo fino ad arrivare all’impiccagione del gatto di famiglia (perpetrata dallo stesso Witold), punteggiano inesorabilmente il loro soggiorno in un’escalation di crudeltà che sembra non poter finire che fatalmente. Cosa ci vuole dire Andrzej Żuławski con il suo film che ha tutta l’aria di una scatola di Pandora? Dove vuole portarci e soprattutto perché? Costruito come una coreografia (molto belli i primi piani delle mani di Witold che si muovono all’unisono con quelle della figlia della proprietaria della pensione, come sotto ipnosi) Cosmos presenta una realtà a metà strada fra sogno ed incubo dove ogni cosa si riflette nel suo contrario e dove la bellezza è sempre sul punto di trasformarsi in orrore. In questo senso emblematiche sono le bocche della giovane proprietaria e della cameriera: l’una perfetta, l’altra torva. Questo continuo andirivieni di realtà spinge Witold, lui stesso roso da una schizofrenia sempre più inquietante che cresce parallelamente alla sua passione per la giovane proprietaria, a grattare compulsivamente la superficie delle cose, sempre più in profondità, come accecato. L’apparente anacronismo che domina tutto il film (dal manierismo degli attori all’inverosimiglianza dei loro costumi) sembra respingerci, come se Żuławski volesse obbligarci a osservare la storia da una certa distanza. Cosmos ci fa viaggiare senza sosta da un pianeta all’altro come bruciati da un amore accecante che visto dall’esterno risulta quasi ridicolo. E se l’amore, la passione non fossero che questo, la trasformazione improvvisa del quotidiano in qualcos’altro di più grande, di folle, di grottesco? In ogni caso è quello che ci viene suggerito: “ho conosciuto il miracolo fra grazia e maledizione. Ho amato” declama infine l’ubuosco capo famiglia in preda ad un liberatorio impeto di follia.
(www.cineuropa.org)
Venerdì 3 marzo 21.30
Innocence
Un film di Lucile Hadzihalilovic con Zoé Auclair, Lea Bridarolli, Bérangère Haubruge.
Drammatico, mistery, durata 122 min. – Francia, 2015.
(Francese, sottotitolato in italiano)
L’incipit di Innocence, costruito attraverso un montaggio frammentato, si presenta con un movimento di macchina che procede dal cadre bucolico esterno per introdursi progressivamente negli spazi interni della casa. Sin dal principio si registra pertanto l’importanza della scelta di un tipo ambientazione aliena al territorio circostante, a cui la regista ricorre anche nel suo ultimo lavoro Evolution [id., 2015], con lo scopo di creare un clima di tensione e suspense. Ma non solo: il set bucolico evoca anche un’atmosfera di protezione. Tant’è che nell’intervista rilasciata per la rivista cinematografica Sight & Sound a proposito del suo ultimo film, alla domanda dell’intervistatore Nick Bradshaw, «E anche questi scenari metaforici altamente isolati dove qualcosa di strano sta accadendo provengono dalla tua educazione?», la regista francese risponde: «Ho avuto un’infanzia abbastanza protetta […] così forse i film riflettono la sensazione di essere protetti come anche isolati in un luogo naturale che si tratti del mare o di una foresta».5 Inoltre, l’overture del film della Hadzihalilovic gode di grande importanza anche per un altro motivo: essa denota la rilevanza dell’aspetto visivo per il film, evidente nella rappresentazione della natura delle inquadrature iniziali. Afferma la regista: «È stato quindi molto importante lavorare sugli aspetti visivi, per renderlo affascinante abbastanza, per trasformare lo scenario in un personaggio, per rendere il posto realmente esistente e attraente per lo spettatore».
(Dall’intervista alla regista presente nel DVD- http://specchioscuro.it/innocence/ )
Venerdì 10 marzo 21.30
Evolution
Un film di Lucile Hadzihalilovic, con Max Brebant, Roxane Duran, Julie-Marie Parmentier, Mathieu Goldfeld, Nissim Renard.
Horror, mistery, durata 81 min. – Francia, Spagna, Belgio 2015
(Francese, sottotitolato in italiano)
Nicolas è un ragazzino di 10 anni. Vive con sua madre su un’isola abitata esclusivamente da donne e adolescenti. In un ospedale, nei pressi dell’oceano, sono sottoposti a uno strano trattamento medico. Il ragazzo, alla soglia dell’adolescenza, comincia allora a interrogarsi su ciò che accade intorno a lui e si rende conto che sua madre mente. La notte, in spiaggia, le abitanti dell’isola si riuniscono. Nicolas è deciso a scoprire quello che fanno. E’ solo l’inizio di un incubo in cui il nostro giovane eroe rimane sempre più intrappolato, ma troverà un’alleata imprevista in Stella, una giovane infermiera.
Come nel suo ultimo film, Innocence (con una Marion Cotillard sublime nei panni della signorina Eva), in cui alcuni ragazzini si chiedevano che cosa sarebbe successo loro da grandi, in questo film, il giovane protagonista è tormentato e sente il bisogno di sapere che cosa diventerà quando sarà adulto.
Lucile Hadzihalilovic confessa di aver concepito Evolution come un viaggio sensoriale, un modo per esplorare un territorio sconosciuto (sebbene abbia attinto per alcuni elementi del film alla propria infanzia, come i paesaggi aridi e l’ospedale stile anni ‘60). E’ un’indagine personale sulla vita e il mondo che l’ha portata a creare questa comunità apparentemente idilliaca, costituita unicamente da donne (portatrici di vita) e dai loro figli, e a trasformarla in incubo. Il film riecheggia temi che la ossessionano: il fatto di diventare adulti, la sensazione di soffocare in un ambiente apparentemente piacevole, la condizione femminile…
Il rumori e il suono hanno un ruolo particolare in questa storia, come quello dell’acqua (che è spesso terreno di gioco per i bambini, ma qui diventa un elemento complicato con cui hanno un rapporto tenebroso). Evolution ha di fatto pochi dialoghi e invita lo spettatore a entrare in questo racconto onirico e a farne parte per capirlo. Tocca allo spettatore riunire i pezzi di questo puzzle enigmatico e malinconico.
Benché il soggetto sia di per sé interessante e originale, e malgrado la bellezza incredibile dei ralenti e dei suggestivi paesaggi vulcanici di Lanzarote (che rimandano a una sorta di erotismo naif), il film manca di ritmo e dialoghi, e alcune immagini sono così brutalmente realistiche da costringervi a chiudere gli occhi qualche secondo. Evolution, le cui vendite internazionali sono affidate a Wild Bunch, è innanzitutto un viaggio sensoriale, un’avventura. (di Aida Amasuno Martín-www.cineuropa.org)
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