Venerdì 10 APRILE 21.30
Camille Claudel 1915
Un ritratto rigoroso e dolente della scultrice Camille Claudel nei suoi anni di reclusione psichiatrica
Un film di Bruno Dumont. Con Juliette Binoche, Jean-Luc Vincent – Drammatico, durata 95 min. – Francia 2013
Francese sub.Ita
Inverno 1915. Camille Claudel è stata reclusa dai suoi familiari in una casa di cura psichiatrica. Ha dovuto abbandonare Parigi e porre fine alla sua attività di scultrice. Ora attende la visita del fratello maggiore Paul nutrendo la speranza di poter finalmente uscire dall’istituto e fare ritorno a casa.
Nata nel 1864 nel nord della Francia Camille Claudel fu dapprima allieva di Auguste Rodin divenendo la sua compagna per 15 anni, fino a quando i due si separarono nel 1895. Nel 1913, in seguito alla morte del padre e dopo aver passato dieci anni praticamente asserragliata nel proprio studio, la madre la fece internare a Ville Evrard. Vi morirà nel 1943 senza aver mai più fatto ritorno in famiglia.
Nel 1988 Bruno Nuytten aveva già affrontato, dandogli il volto di Isabelle Adjani, il personaggio della scultrice. Aveva però scelto di focalizzare l’attenzione sul suo tormentato rapporto con Rodin. Bruno Dumont ci presenta invece Camille quando il suo allontanamento dal mondo è già avvenuto. Non è sicuramente un caso che il film si apra con la scena del bagno. La donna viene spogliata dalle infermiere e lavata. È quanto accadrà nel film: Camille sarà messa a nudo nella sua fragilità così come verrà portato in luce il lato più oscuro della concezione dell’arte da parte della borghesia del tempo. Dumont fa di Juliette Binoche una Camille consumata dal timore (ha paura che la si voglia avvelenare con il cibo). Disponibile ad aiutare le compagne di sofferenza gravemente turbate sul piano mentale ma anche distaccata e quasi abitante di un mondo diverso e lontano. È forse questo l’unico modo per lei di conservare un barlume di speranza per un possibile rientro nella società che peraltro i medici ritengono possibile. Chi invece ha tutt’altro punto di vista è lo scrittore e poeta Paul Claudel, fratello di Camille. La sua concezione dell’arte è quanto di più retrivo si possa pensare. Ritiene infatti che essa non possa essere dominata dalla sorella in quanto troppo fragile, quasi che si dovesse stilare una graduatoria in cui poter inserire chi possa e invece non possa dedicarsi all’attività creativa. La vera follia si rivela così non quella dei pazienti della clinica ma piuttosto quella di una parte dominante della società che si ritiene in diritto di dettare regole assurde confinando a vita una personalità tanto dotata quanto originale come quella di Camille. Dumont ne fa un ritratto rigoroso e dolente. Resta solo la perplessità sull’utilizzo nel corso delle riprese, per quanto sotto controllo dei medici, di veri pazienti affetti da turbe psichiche che Dumont giustifica con l’esigenza di un realismo che nessun attore avrebbe potuto restituire sullo schermo.
Venerdì 17 APRILE 21.30
The First Grader
Kimani Nganga Maruge va a scuola a 84 anni
Un film di Justin Chadwick. Con Naomie Harris, Tony Kgoroge, Vusi Kunene, Israel Makoe, Níck Reding. Drammatico, – Gran Bretagna 2010.
Inglese sub. Ita
La vera storia di Maruge, un ribelle Mau Mau, ormai ottantenne, che bussa alla porta di una scuola elementare per usufruire dell’istruzione gratuita promessa dal governo keniota. Maruge ha combattuto per la liberazione del Kenya e ora sente di avere quell’opportunità di ricevere un’educazione che gli è stata negata per molto tempo, anche se significa frequentare la prima elementare con bambini di sei anni. L’insegnante, Jane Obinchu, appoggia Maruge nella sua battaglia e insieme affrontano l’opposizione dei genitori e delle autorità che ritengono inutile istruire un anziano.
Venerdì 24 APRILE 21.30
Rebelle
Senza falsi pietismi, la vita dell’undicenne Komona trasformata in bambina soldato
Un film di Kim Nguyen. Con Rachel Mwanza, Alain Lino Mic Eli Bastien, Serge Kanyinda, – Drammatico, durata 90 min
Africa sudsahariana. La dodicenne Komona vive con i genitori in un povero villaggio. Un giorno una squadra di ribelli irrompe nella zona e la fa prigioniera. Dovrà divenire un loro soldato. Il suo primo atto di guerra sarà fucilare padre e madre. Se non lo farà soffriranno per una morte più atroce perché procurata con il machete. La vita con i ribelli si presenta come una continua sofferenza per la bambina. Viene picchiata anche se solo accenna a piangere. Finché un giorno, durante un’azione contro l’esercito, è l’unica a salvarsi. Questo viene visto come un segno particolare e Komona viene considerata una strega capace di individuare dove si nasconde il nemico. Solo una persona però si occupa di lei con un affetto che si trasforma in amore: è il quindicenne soprannominato il Mago. I due sviluppano il loro sentimento di nascosto fino a quando, un giorno, hanno l’opportunità di fuggire.
Chi aveva avuto occasione di vedere nel 2002 Le Marais, opera prima di Kim Nguyen, faticherà molto a riconoscerne lo stile in questo film concepito dieci anni fa e dato solo nel 2012 alla luce con la prima mondiale in Concorso alla 62^ Berlinale. I termini appena utilizzati sono adeguati alla narrazione perché chi ci racconta le sue vicende è la stessa Komona ormai quattordicenne e incinta che non sa se riuscirà ad amare l’essere umano che porta in grembo nel momento in cui ne uscirà ma, nel frattempo, gli narra di sé per prepararlo alla vita. Il tema dei bambini soldato è già stato trattato dal cinema ma il punto di vista femminile e le modalità di ripresa collocano il film sotto una luce particolare. Girato in Congo perché la protagonista, una ragazza che vive in strada e che ha vere doti da attrice consumata, è congolese, le riprese sono state effettuate in continuità permettendo al cast e alla troupe di entrare in progress nella vicenda. Ne è scaturito un film carico di dolore e di violenza gratuita non per quanto si vede sullo schermo ma per quanto si sa essere accaduto nella realtà, consapevoli che la pratica di utilizzare bambini per i combattimenti più efferati non ha ancora avuto fine. Nguyen ha saputo però preservare, nel buio della brutalità, la luce, flebile ma non destinata a spegnersi, della speranza. Senza falsi pietismi, aderendo alle credenze della cultura locale, il film ci dice che si può trovare la forza di pacificarsi, anche se con dolore, con il proprio passato. Per poter continuare a vivere e a dare senso alla vita altrui.
SPECIALE PRIMO MAGGIO
Venerdì 1 MAGGIO 18.30-21.00
NOVECENTO -ATTO 1-2
Un film di Bernardo Bertolucci. Con Gérard Depardieu, Robert De Niro, Burt Lancaster, Sterling Hayden, José Quaglio, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Donald Sutherland, Romolo Valli, Alida Valli, Stefania Casini, Francesca Bertini, Paul Branco, Anna Maria Gherardi, Paolo Pavesi, Tiziana Senatore
Venerdì 8 MAGGIO 21.30
L’attentat
Un film di Ziad Doueiri. Con Ali Suliman, Evgenia Dodena, Uri Gavriel, Dvir Benedek, Reymond Amsalem. Ruba Salameh, Karim Saleh, Vladimir Friedman, Ramzi Makdessi, Abdallah El Akal, Ezra Dagan, Ofri Fuchs, Eli Gorenstein, Bassem Lulu Drammatico, – Libano, Francia, Belgio 2012.
Scritta dal regista e da Joëlle Touma, la sceneggiatura è incentrata sul dottor Amin Jaafari. Arabo-israeliano, è completamente integrato nella società di Tel Aviv, sposato con una donna che lo ama, ha una brillante carriera di chirurgo e diversi amici ebrei. Dopo un attentato in un ristorante di Tel Aviv che provoca 19 vittime, la polizia israeliana lo informa che la moglie era il kamikaze. Dapprima Amin rifiuta tali accuse, ma poco a poco il dubbio si insinua, e le sue peggiori paure sono confermate quando riceve una lettera postuma da parte della moglie, nella quale afferma di essere la responsabile dell’attentato. Distrutto dalla rivelazione, e volendo capire perché non sia stato capace di intuire ciò che la moglie voleva fare, Amin decide di recarsi nei Territori palestinesi alla ricerca di coloro che, nella sua immaginazione, possono aver reclutato la moglie. Amin viene inghiottito in un universo pericoloso nel quale non è il benvenuto, senza preoccuparsi per la sua incolumità, alla ricerca della verità…
Venerdì 15 MAGGIO 21.30
What We Do in the Shadows
Un film di Jemaine Clement, Taika Waititi. Con Taika Waititi, Jemaine Clement, Jonathan Brugh,
Commedia, durata 86 min. – USA, Nuova Zelanda 2014
Viago, Deacon e Vladislav condividono un appartamento nella periferia di Wellington. L’essere vampiri non impedisce loro di coabitare in sostanziale armonia, fatta eccezione per piccole rimostranze di routine (Deacon, per esempio, non lava i piatti da 5 anni e la cucina è ridotta a un disastro). Il più anziano della partita, l’ottocentuagenario Petyr, vive in cantina, protetto e rispettato. Una sera, la schiava umana di Deacon porta loro per cena Nick, uno studente universitario ritenuto sacrificabile, ma Petyr per errore lo trasforma. Con la vampirizzazione di Nick, cominciano i guai, ma anche l’ingresso del trio nel mondo delle relazioni e delle tecnologie odierne.
Dimenticate i vampiri moralmente tormentati di “Twilight”, belli e sbarbati, dimenticate anche i loro colleghi di “True Blood”, il loro fascino ammaliatore e le problematiche di coesistenza con gli umani: i nuovi vampiri vengono dalla Nuova Zelanda e sono degli incorreggibili balordi.
Taika Waititi, personaggio già incredibile di suo, in compagnia del sodale Jemaine Clement (lo stesso di Flight of the Conchords), è il responsabile di quest’incursione nel mondo popolatissimo dei non morti, un universo che mediaticamente scoppia di salute, nonostante l’età avanzate dei suoi abitanti e la presenza centenaria del genere stesso sulla scena cinematografica.
What we do in the shadows non solo è un’ottima commedia ma è anche film abbastanza sorprendente per l’iniezione di “vita” che porta al genere, senza inventare nulla ma lavorando sull’immagine del vampiro, immaginando le sue difficoltà nell’era di Skype e di YouTube, sconsacrando con l’ennesimo giro di vite il terreno più sconsacrato di tutti, ma anche il più duro a morire. Un pugno di costumi rubati a una festa ben riuscita, un interno da cartolina decadente e impolverata, un uso col contagocce della computer grafica e una dose da cavallo di talento comico sono sufficienti ai due per inscenare quest’esilarante mascherata, che ogni dieci minuti sembra aver esaurito gli argomenti, salvo reinventare la rotta un secondo dopo.
Waititi nei panni di Viago, dandy dal sorriso fisso, appuntito e beota, e Clement in quelli Vladislav, ex terrore di tutto il creato oggi sconfitto dal potere superiore della “Bestia”, offrono lo spettacolo più vivace, ma non potrebbero fare a meno delle tante spalle del film, su tutti del decrepito Petyr, coetaneo di Max Schreck, e il rubizzo Stu, col suo finale a sorpresa.
Strutturato come un (falso) documentario, il film sfrutta la presenza fittizia di una troupe umana per interpellare indirettamente il pubblico ed evitare che la folle quotidianità di Viago e compagni appaia come un divertimento per pochi. Il gioco è per tutti, basta sollevare il coperchio
Venerdì 22 MAGGIO 21.30
Mr. Nobody
La vita è frutto di casualità e di scelte. Van Dormael ce lo ricorda con uno sguardo originale
Un film di Jaco Van Dormael. Con Jared Leto, Diane Kruger, Sarah Polley, Rhys Ifans, Juno Temple. Durata 138 min. – Canada, Belgio, Francia, Germania 2009
Il signor Nemo è un vecchio ultracentenario ed è il protagonista di un reality che segue in diretta gli ultimi giorni (mesi, anni) della sua vita. Perché tanto interesse? Perché Nemo è l’ultimo essere mortale rimasto sul nostro pianeta da quando le scoperte scientifiche hanno consentito di raggiungere la quasi immortalità. Nemo però ricorda ben poco della sua vita passata, una vita che non è una ma molteplice.
Jaco Van Dormael torna a fare cinema dopo una lunga assenza e lo fa con un film che affronta la complessità delle possibilità che ognuno di noi si trova davanti. Il Signor Nessuno che porta in scena è di fatto tutti noi. Perché Nemo nel corso della sua vita si trova dinanzi a una molteplicità di scelte che potrebbero indirizzarla in un senso piuttosto che in un altro. A partire dalla sua nascita, in cui deve scegliersi la coppia di genitori più piacevole, tutto è legato a scelte e a successive casualità. Così assistiamo al momento in cui i genitori si dividono. Nemo bambino può correre dietro al treno su cui la madre sta partendo, raggiungendola, oppure rimanere con il padre. A seconda di quanto accade gi si aprono davanti due diverse vite. Il pensiero di chi legge correrà quasi inevitabilmente a Sliding Doors. Qui ci troviamo però in una struttura narrativa in cui non ci si limita a un percorso binario (o scegli A o scegli B). Le possibilità si moltiplicano così come i possibili innamoramenti e vite di coppia. Il problema diventa allora controllare la sceneggiatura facendo in modo che lo spettatore si addentri nell’intrico delle possibili vite senza però perdere l’orientamento. Se si pensa che il montaggio ha richiesto un anno di lavoro si potrà comprendere quanto Van Dormael si fosse posto chiaramente il problema. Il risultato finale gli dà ragione grazie anche alla levità di uno stile capace di raccontare la realtà con tratti surreali.
Ovviamente non aspettatevi una ‘conclusione’. Nel finale il giocoliere Jaco vi metterà di fronte a nuove possibilità ricordandovi anche, se siete genitori, che ci sono scelte che ai figli non possono essere chieste.
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